Una storia sul passato per capire e vivere meglio il presente

“Quando non lo si elabora, il passato ci agisce. Se non si decide di farci i conti, lo si tramanda di generazione in generazione. Quando ci si illude di averlo rimosso, riaffiora. E prima o poi c’è chi il conto lo deve pagare”.
Il passato e la sua influenza sul presente è uno dei temi principali del nuovo romanzo “Stirpe e Vergogna” di Michela Marzano edito da Rizzoli. Ho avuto il piacere di leggere l’anteprima e di partecipare all’incontro con l’autrice, la sera prima dell’uscita ufficiale in libreria.
Da tempo seguo Michela Marzano e ancora una volta sono rimasta piacevolmente colpita dalla sua capacità di mettersi a nudo ponendosi sullo stesso piano del lettore ed entrandoci in grande empatia. Non so se sarei stata in grado di fare lo stesso.
“Stirpe e vergogna” è la storia di una scoperta dolorosa che porta la protagonista a effettuare ricerche, a porsi domande, a riflettere sulla sua famiglia e i segreti al fine di evitare di fare i conti con quanto accaduto alle generazioni precedenti.
“Michela Marzano non esiste. Atto di nascita, passaporto, carta d’identità, certificato di matrimonio: tutto attesta che la persona nata a Roma il 20 agosto 1970 è Maria Marzano”.
Michela in realtà si chiama Maria e in occasione del battesimo di suo nipote scopre che il vero nome completo di suo padre non è solo Ferruccio, bensì Ferruccio Michele Arturo Vittorio Benito. Come è possibile che tra i nomi ci sia anche quello del duce? Non è che per caso suo nonno fosse fascista? Tanti quesiti, poche risposte e un bisogno intenso e obbligatorio di sapere come sono andati realmente i fatti.
“Dopo il battesimo di mio nipote, invece di tornare a Parigi, decido di accompagnare i miei genitori a Roma. Ho bisogno di parlare con mio padre, mettere in chiaro alcune cose. Voglio anche cercare di capire un po’ meglio questa storia del suo nome. Perché lo hanno chiamato Benito? Andava di moda negli anni Trenta? Era una sorta di omaggio al dittatore? Un dazio da pagare. Era così in tutte le famiglie meridionali?”
Suo nonno era fascista, punto. Tutti lo sapevano eccetto lei. Nella casa dove ha trascorso la sua infanzia a Campi Salentina c’era una grande teca piena di medaglie, bottoni, nastri e fascette che ne sono testimonianza. Michela ci è passata davanti tante volte, senza però porsi mai il problema. Ora da adulta tutto questo assume un significato diverso e l’esigenza di capire si fa sempre più intensa.
Per quale motivo suo papà non le ha mai raccontato nulla, perché tanti non detti? Il rapporto con lui è sempre stato complesso, difficile e ci sono state tante incomprensioni. Michela ha sempre cercato di essere da lui apprezzata e ha trascorso il suo tempo dimostrandogli le sue capacità.
Al ritorno in Francia Michela prende una decisione:
“Ci ho pensato a lungo, ma alla fine ho deciso: il mio prossimo libro sarà sulla storia di mio nonno. Mi sono convinta che solo la scrittura potrà permettermi di trovare il bandolo della matassa, fare sul serio i conti con il mio passato, e capire parte delle mie scelte, parte delle mie impuntature, parte persino delle mie sconfitte e rinunce”.
Attraverso uno studio attento di documenti, lettere e oggetti, Michela Marzano ricompone i pezzi del suo albero genealogico. Unendo fiction, autobiografia e storia scrive un libro sulla stirpe e sulla vergogna. Questo profondo e amaro turbamento accompagna in diversi momenti la protagonista: bambina quando il padre la rimproverava ingiustamente e da adulta, malgrado la sua vita sia costellata dai successi professionale e dall’amore del marito.
Lei deputata del Pd che si è sempre battuta per gli ideali del pensiero della sinistra, lei che non è diventata mamma e che si sente spiazzata alla notizia di avere un nipote, lei che ha cercato per tutta la vita di sentirsi amata da suo padre Ferruccio è stravolta nell’apprendere che suo nonno non è chi credeva.
L’occasione per trovare un po’ di serenità le è data dalla memoria e dalla possibilità di spiegare ai suoi studenti e ai suoi lettori l’importanza di non dimenticare. Giocando su due termini, amnesia e amnistia, mette in luce la tendenza delle generazioni passate di non parlare di quanto successo ai loro predecessori. Suo nonno con la caduta del fascismo sceglie sia di non richiamare alla mente esperienze ed eventi accaduti, sia di essere assolto dal reato di cui è accusato.
Michela Marzano non ci sta, la verità deve essere raccontata per poter guardare in faccia il suo nipotino e dormire tranquilla la notte senza fare più incubi. Suo nonno del resto che voleva l’amnesia per l’Italia ha conservato tutto.
“Un patrimonio di memoria che mi aspettava. O almeno è quello che mi piace credere, visto che di tempo ce ne ho messo tanto prima di fare i conti con la storia della mia famiglia, ma che adesso di pezzi di puzzle ne ha molti. Le cose brutte brutte, ma anche quelle belle.
“La storia non si cancella, possiamo coltivarla con rancore oppure farne patrimonio comune nel ricordo e nel rispetto” solo così forse per l’autrice di “Stirpe e vergogna” potremmo uscire dalle contraddizioni che caratterizzano ancora oggi il nostro Paese.
Bellissima proposta di lettura, riguardare al passato, alle nostre origini, a volte può essere duro, ma senza il passato, non potremmo vivere il presente!