Sete di Amélie Nothomb
Sete di Amélie Nothomb

Avete mai letto un romanzo di Amèlie Nothomb?

Nata a Kobe in Giappone nel 1967 e figlia di genitori diplomatici, questa donna, che ora vive tra Bruxelles e Parigi, è diventata una scrittrice di culto in Francia e nel panorama letterario europeo. Ha vinto numerosi premi tra i quali il “Grand Prix du roman” de l’Académie Françese.

Una figura femminile, a mio avviso, da conoscere e da approfondire.

Recentemente ho letto il suo ultimo romanzo “Sete” edito da Voland e tradotto da Isabella Mattazzi e ne sono rimasta piacevolmente colpita.

Si tratta di un racconto, come ha ben scritto Daria Galateria su Robinson, “ridente ed irriverente” che descrive l’ultima notte di Gesù in cella, profondamente afflitto per quel che gli sta per succedere. Gesù che sta per essere crocifisso, ci viene descritto in tutta la sua umanità mostrando anche i suoi dubbi e le sue paure. Il Figlio di Dio parla in prima persona e mette a nudo il suo cuore, i suoi sentimenti.

La sete del titolo diventa un elemento chiave in questa sua confessione e ci mostra il suo lato umano. La sua decisione di non bere è legata al tentativo di trovare un modo per cercare di non pensare al dolore fisico che proverà nel momento in cui sarà messo in croce.

“La sete che mi ero conservato come arma segreta, si riaffaccia in me. È stata un’idea eccellente. Il tormento estremo alla gola mi permette di uscire dall’orrore del corpo straziato, il mio stato di arsura porterà in sé una salvezza concreta.”

In “Sete”, la Nothomb tratta ancora una volta un tema delicato e lo fa con grazia e abilità e regalandoci un’interpretazione personale del Nuovo Testamento. Gesù non si vergogna dei suoi limiti e ci racconta di sé sulla soglia della propria morte con una preghiera urlata come tributo alla vita e alla fragilità dell’essere umano.

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