Un romanzo delicato e autentico in cui la tradizione si mescola alla modernità.

“Poche cose restavano chiare, nella sua mente: che Pellestrina è un’isola magnifica. Che il mare ti entra dentro più dei fiumi. Che, soprattutto, non avrebbe mai fatto altro nella vita: il barcaro era l’arte per la quale di sentiva di essere nato”.
I barcaroli, i fiumi e il mare sono i grandi protagonisti dell’ultimo romanzo di Paolo Malaguti edito da Einaudi e candidato al premio Campiello 2021. Poi c’è Gambeto, un bambino sveglio e tenero che con il suo sguardo ci accompagna in una storia delicata e malinconica.
Gambeto va a scuola e ci presenta i suoi compagni di classe e il maestro Orio rendendoci partecipi della vita di un paese in cui il vecchio mondo sta lasciando spazio all’avanzare della modernità. Sono gli anni ’60 e nelle case cominciano ad entrare i bagni, la televisione in bianco e nero e il Carosello.
Lui però è legato ad una tradizione difficile da dimenticare. Suo nonno e suo papà sono barcari e il loro antico mestiere ha un fascino irresistibile. Nonostante molti suoi coetanei scelgano il lavoro in fabbrica o impieghi più sicuri, Gambeto è attratto dall’acqua e dal burcio del nonno Caronte come una calamita. A bordo della “Teresina” il giovane si sente invincibile.
“Funziona così in paese: c’è chi va operaio alla Fabbrica, chi sta nei campi, chi parte sui burci. Fermo restando che nessuno di questi lavori fa far vita da gran signore, di certo i barcari mantengono un che di foresto, quasi misterioso”.
L’estate del ’65 resta fra le più belle della sua vita: emozioni, paure, avventure rendono il suo viaggio come mozzo un’esperienza indimenticabile. Gli arrivi nei porticcioli, le burrasche, le ragazze conosciute, gli esuberanti cappelli del nonno e i suoi modi di dire fanno di Gambeto un’apprendista fortunato. Lui impara ciò che a tanti suoi amici è precluso: il sapore della libertà e la potenza della natura. Quest’ultima comanda e decide e l’uomo di fronte alla sua forza è inerme e indifeso.
Quando arriva la grande alluvione, le sicurezze svaniscono e lasciano spazio all’impotenza. Gambeto, insieme a chi lo circonda, si rimbocca le maniche perché bisogna ricostruire, sistemare, ma non scordare.
“Se l’acqua ride” è un romanzo di formazione, è un libro pieno di grazia e di poesia. La dedica iniziale dell’autore ai nonni è un tributo agli insegnamenti di chi cerca di trasmetterci la propria esperienza in modo da poter affrontare le insidie del quotidiano con forza e determinazione.
Gambeto impara l’italiano, ma resta affezionato al dialetto, scopre i segreti della vita in navigazione, ma a volte sente la nostalgia di casa del padre che è andato a lavorare in fabbrica, del fratello che sta crescendo e della mamma che è sempre in apprensione per lui.
Gambeto ha un piede nel passato e uno nel presente, ma ha anche l’intelligenza per capire che il cambiamento è inevitabile e che se ne deve fare una ragione. La Teresina, il nonno Caronte, i paesaggi che gli hanno riempito gli occhi e appagato il cuore e l’anima restano un’ancora a cui aggrapparsi nei momenti buoi. Passata la bufera però bisogna saper andare avanti e cercare nuove strade da percorrere magari in sella ad una vespa (simbolo della nuova epoca) ingranando la marcia giusta e pronti a mollare la frizione.
” … le cose cambiano. Anche quelle che sembravano durare per sempre scompaiono, macinate via da novità che a loro volta dureranno il tempo che devono durare, e poi saranno spazzate… I cambiamenti bisogna seguirli. Non solo seguirli, bisogna dominarli, possederli. Altrimenti anche tu vieni macinato via, assieme alle cose vecchie e ai quattro coglioni che si ostinano a difenderli”.
Un romanzo consigliato a chi ama la nostra terra, le tradizioni, le atmosfere malinconiche e ricorda i propri nonni come depositari di tanta conoscenza.