Caffè d’autore con Marco Marsullo e il suo ultimo romanzo “L’anno in cui imparai a leggere”.

Ciao Marco e benvenuto a #caffedautore, per rompere il ghiaccio ti chiedo come gradisci il caffè? Alto o basso?

A Napoli questa domanda non si fa, di solito! Per cui, ovviamente, corto.

1 – “L’anno in cui imparai a leggere” è un romanzo ironico, delicato e capace di scaldare il cuore e lasciare un segno nel lettore. Quanto è importante per te creare empatia tra i tuoi personaggi e il lettore?

Ogni personaggio ha una sua storia, un suo passato soprattutto. Ci sono personaggi che devono empatizzare con il lettore, e altri che invece non necessariamente. La cosa importante è che tutto questo avvenga in maniera naturale, se provi a costruire un personaggio senza gettare basi solide di autenticità, il risultato finale non tornerà. Come in un’equazione matematica.

2 – Il protagonista del libro Niccolò si trova coinvolto in una situazione che mai avrebbe immaginato. La donna di cui si è innamorato, le chiede di occuparsi di suo figlio, mentre lei è via per lavoro. Nel caso capitasse a te, saresti altrettanto disponibile ad accettare una richiesta così bizzarra?

Credo che l’amore ci metta di fronte, di continuo, a sfide così destabilizzanti e impensabili. Risponderei di sì, di getto. Ma ogni vita è un mondo a sé, e ogni scelta è rispettabile.

3 – Lorenzo è un bambino che guarda il mondo con gli occhi dell’innocenza e che riesce ad insegnare agli adulti quanto sia importante aiutarsi l’uno con l’altro contro le avversità che ci circondano.  Come è il tuo rapporto con i bambini e quanto è importante il loro modo di vedere il mondo?

Adoro i bambini, ho la fortuna di lavorarci da qualche anno, facendo scrittura creativa in una elementare della mia città. Con loro mi sento tanto a mio agio, riescono sempre a sollevarmi anche in periodi assai complicati.

4 – Altro personaggio indimenticabile è Andrés, il padre di Lorenzo, che nonostante sia pieno di difetti è generoso e solo. Arriva dall’ Argentina con la sua chitarra e i riccioli scompigliati per vedere il figlio che non ha mai conosciuto. Ti sei ispirato a qualcuno in particolare per creare la sua figura?

Ho avuto la fortuna di passare un mese della mia vita a Buenos Aires, in Argentina, e ho conosciuto bene gli argentini. Sono un popolo furbo, bastardo e generoso, impossibile, almeno da napoletano, non amarli. Ho provato a riassumere in Andrés la summa di tutta l’argentinità che avevo respirato.

5 – Simona, l’unica donna presente nel libro è, dal mio punto di vista, la figura meno positiva. Molla tutto per inseguire i suoi sogni e non si preoccupa delle responsabilità che comporta l’essere madri. Tu che rapporto hai con tua mamma?

Sembra una seduta d’analisi, così. Battute a parte, con mia mamma ho un rapporto buono, ci vogliamo bene a modo nostro e ci siamo nei momenti importanti l’uno dell’altra. Con gli anni siamo anche molto migliorati accettando i reciproci difetti.

6 – Mi è piaciuto molto l’importanza che dai allo spirito di gruppo dei tre “ragazzi” che si trovano a convivere insieme. Lorenzo, Niccolò e Andrès sono simili ai tre moschettieri. Quanto conta questo spirito nella vita reale?

La storia di questi tre ragazzi “abbandonati” è, anche, tra le altre cose, una storia d’amicizia. Per me gli amici sono la cosa più importante al mondo, nutro nei confronti dei miei un affetto smisurato. Volevo che questo clima di unione saltasse fuori anche tra i miei tre protagonisti.

7 – La famiglia improvvisata di questo tuo romanzo mi ha letteralmente conquistata. Quali sono gli elementi fondamentali affinché in una famiglia ci sia la serenità e l’affiatamento che contraddistinguono quella che tu hai descritto tanto bene?

Credo solo uno, anzi due. Amore e comprensione per le differenze. Senza, è molto complicato che un miscuglio di tante (o poche) persone, riescano a sopportarsi e supportarsi a lungo e in tutti i momenti decisivi.

8 – Mi sono piaciute molto le parole conclusive che hai usato: “Ho amato questo libro dal momento in cui l’ho pensato. Scriverlo è stato un viaggio intenso, lungo, fatto di interi pomeriggi d’inverno chiuso in casa con il cuore in apnea dentro le parole. Spero vi sia piaciuto. Questa volta lo spero davvero tanto”. Quali sono state le risposte del pubblico e sei rimasto soddisfatto dell’entusiasmo con cui è stato accolto il tuo libro?

Molto soddisfatto. Sin dal lancio ho visto che questo romanzo è stato subito circondato da un grande amore. Lo hanno letto in tanti e in tanti mi hanno scritto. Ed è stato stupendo sapere per me che le mie storie vengano apprezzate così tanto. A ogni romanzo è sempre una magia.

9 – Marco, è stato un piacere poterti intervistare e conoscerti meglio. Spero che tu abbia anche gradito il caffè da buon napoletano Doc. Prima di salutarti ti chiedo un consiglio di lettura per me e per gli amici di Leggere e rileggere…

Il tempo è un bastardo, di Jennifer Egan. Libro maestoso. Ah, e grazie per il caffè.

Marco Marsullo è nato a Napoli nel 1985. Ha esordito per Einaudi Stile Libero nel 2013 con Atletico Minaccia Football Club . Nel 2014, sempre per Einaudi Stile Libero, è uscito L’audace colpo dei quattro di Rete Maria che sfuggirono alle Miserabili Monache, nel 2015, I miei genitori non hanno figli, nel 2018, Due come loro e, nel 2019, L’anno in cui imparai a leggere. Insegna scrittura creativa in una scuola elementare della sua città. Il suo sito è www.marcomarsullo.com

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