
Leo è sordo e vive circondato dall’affetto della sua famiglia con cui comunica attraverso la lingua dei segni. La sua vita scorre serena e ha trovato un modo tutto suo per esprimersi, attraverso disegni, gesti, abbracci. Il suo mondo è un continuo flusso di immagini:
“Non pensava alle parole, Leo le vedeva prima che nascessero. Non c’era suono che le rivelasse, non aveva mai ascoltato la voce della madre, non aveva mai sentito Anna chiamarlo per nome. Fin da piccolo aveva imparato a scrutare gli sguardi, decifrare i movimenti impercettibili del corpo, interpretare ogni piccolo segno che potesse nascondere un’intenzione.”
Leo è il protagonista dell’ultimo romanzo di Stefano Corbetta “La forma del silenzio” edito da Ponte alle Grazie, un libro magnetico che ho letto tutto d’un fiato e che mi ha trasportato in un’altra dimensione, mi ha rapita e coinvolta emotivamente.
Quando all’età di sei anni scompare, questo bambino lascia un vuoto infinito e un dolore straziante nei suoi cari che reagiscono alla perdita, al dolore e al vuoto in maniera diversa mettendo in luce quelli che sono realmente.
La mamma Elsa lotta con l’unica arma che ha a disposizione, il suo sorriso irremovibile che tanto infastidisce la figlia. Anna è sopraffatta dai sensi di colpa per non essere riuscita a proteggere l’amatissimo fratello. Vittorio, il padre, è colui che soccombe e che non riesce ad andare avanti.
Il romanzo è ambientato su due piani temporali: il 1964 è l’anno durante il quale si perdono le tracce di Leo e il 1983 è quello in cui nello studio di Anna compare Michele, un compagno di scuola del fratello, che inizia a raccontare la sua storia partendo proprio dalla notte d’inverno in cui Leo è scomparso.
Diciannove anni dopo Michele riporta a galla antichi ricordi e spinge Anna a cercare una verità e delle risposte. Inizia la sua indagine personale per capire e per poter andare avanti. Lei, ora che è diventata adulta e che ha sempre cercato di capire Leo, è decisa a mettere insieme i pezzi di una storia fatta di bugie, non detti e incomprensioni.
Stefano Corbetta riesce con questo romanzo a creare un giallo dei sentimenti, a raccontare quanto sia importante mantenere la propria identità. Leo è privato di quest’ultima nel momento in cui nell’istituto scolastico che frequenta non può più usare la Lingua dei segni. L’impossibilità di comunicare con gli altri e di oltrepassare la “parete di cristallo” diventano per lui insopportabili.
Con la sua scrittura pulita, lineare e diretta, l’autore di “La forma del silenzio” indaga sulle nostre solitudini, paure e ci permette di riflettere su come il male possa piegarci ma anche risvegliare le nostre forze più nascoste, e farci cambiare … chissà…
Di questo libro ho amato tutto: la copertina dalle sfumature blu che ritrae un volto leggermente sfuocato, il titolo perché sono sempre molto attratta dal tema del silenzio, la trama ricca, avvincente e coinvolgente; i personaggi con alcuni dei quali sono entrata in forte empatia; l’abilità di Corbetta di trattare temi complessi senza mai cadere nel banale e di scrivere pagine che difficilmente dimenticherò.
Non vedo l’ora di leggerlo…
Piangerò di certo🤪
grazie Ka. Non vedo l’ora di confrontarmi con te.