Una storia appassionante e avventurosa nella Francia di fine Ottocento e un inno alla libertà femminile.

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Era da un po’ di tempo che desideravo leggere “Il ballo delle pazze” di Victoria Mas edizioni e/o e finalmente è arrivato il momento per poter scrivere la recensione di una storia che merita di essere conosciuta e apprezzata per le tematiche trattate: follia, isteria, medicina e la condizione femminile nella Francia di fine Ottocento.
A Parigi ogni anno viene organizzato un ballo in maschera imperdibile alla Salpêtrière al quale partecipa la borghesia cittadina. Durante la serata gli ospiti sono curiosi e impazienti di osservare da vicino le pazze e queste a loro volta di essere finalmente viste per qualche ora.
“Il ballo di mezza quaresima, che la borghesia parigina chiama il “ballo delle pazze”, è l’avvenimento di marzo; anzi l’avvenimento dell’anno. Nient’altro occupa le menti nelle settimane che lo precedono. Le internate cominciano a fantasticare su parure, orchestra, valzer, luci, scambi di sguardi, cuori felici e applausi. Pensano agli ospiti che verranno per l’occasione.”
Salpêtrière è un luogo che spaventa essendo un ospedale psichiatrico riservato alle isteriche, alle malate, alle strambe. Spesso però queste donne non soffrono di particolari patologie, ma sono semplicemente scomode per la società del tempo.
Troppo esuberanti, scomode ed indisciplinate, vengono abbandonate nel celebre manicomio femminile nel quale una volta entrate non se ne esce. Varcata la soglia delle porte di Salpêtrière, le ragazze vengono dimenticate da tutti, famiglie comprese, e nessuno vuole più sentire parlare di loro.
Eugènie, tradita dai genitori, viene rinchiusa e affidata alle cure del famoso dottor Charcot che con l’ipnosi sottopone le pazienti ad esperimenti azzardati e impietosi.
Eugènie non ha nulla di sbagliato, è egocentrica, sostiene di riuscire a parlare con i defunti e proprio questo dono le garantisce la sopravvivenza. Privata della sua dignità, sola e coraggiosa, vive giorno dopo giorno a contatto con le sue compagne e con la capoinfermiera Geneviève.
Geneviève è il personaggio, a mio avviso, più riuscito. Rigida e severa ha deciso dopo la morte della sorella di dedicare la sua esistenza a curare gli altri e dare il suo contributo ai progressi della medicina arrivando ad ammirare i medici più dei santi. Apparentemente tutta d’un pezzo, si trova spiazzata dalle parole e dalle rivelazioni di Eugènie. Il suo cuore e la sua anima si aprono; anche lei diventa una delle tante ospiti di Salpêtrière.
Tante sono le donne che animano questo romanzo: Louise che si trova lì in seguito ad un’infanzia difficile, Thérese la più anziana che dispensa consigli e aiuto e le due protagoniste Eugènie e Geneviève che sono la prova di come la solidarietà femminile possa essere un’ancora di salvezza. Fuori c’è un mondo fatto di uomini che vogliono esercitare il loro potere, decidendo le sorti di figlie, mogli o compagne inadatte al loro ruolo.
” Gli uomini dalle menti fiere non vogliono essere messi in discussione … Stimano le donne solo quando l’aspetto fisico è di loro gusto. Quanto a quelle capaci di nuocere alla loro virilità, non le tengono da conto o, ancora meglio, se ne sbarazzano”.
In occasione del ballo tutta l’ipocrisia si palesa, i benpensanti sono curiosi, vogliono osservare da vicino le alienate che loro stessi hanno rifiutato. Cercano una tara, un difetto immaginandosi costumi grotteschi e atteggiamenti ridicoli e restano stupiti nell’accorgersi della spigliatezza e della normalità delle pazienti.
“La festa non è la stessa per tutti: da una parte ci sono donne in costume che eseguono con precisione passi di danza imparati nelle ultime settimane, dall’altra spettatori che applaudono, totalmente immersi nello spettacolo come sassi nell’acqua.”
“Il ballo delle pazze” è toccante, doloroso, un pugno allo stomaco, una denuncia e al contempo un inno alla vita e alla possibilità di poter danzare senza censure e limiti ovunque, anche per le strade della Ville Lumière.