Tre libri brevi e importanti nel panorama letterario finalmente disponibili anche in italiano.
Cosa hanno in comune: “Cronache dalla montagna” di Alexandre Vialette, “338171 T.E . (Lawrence d’Arabia)” di Victoria Ocampo e “Infanzia” di Tove Ditlevsen? Apparentemente poco, ma facendo attenzione è possibile individuare due aspetti importanti: si tratta di testi tradotti solo ora in italiano ed esempi di alta letteratura nonostante la loro brevità.

“338181 T.E (Lawrence d’Arabia)” di Victoria Ocampo edito da Edizioni Settecolori è la biografia del colonnello Lawrence realizzata da una donna straordinaria, intelligente ed empatica, la quale nel 19742 annuncia al suo amico Pierre Drieu La Rochelle il desiderio di soffermarsi su un personaggio storico famoso, carismatico e in sintonia con le sue idee:
“In questo momento sono sposata con i Sette pilastri della saggezza e con le sue Lettere, che sto facendo tradurre. Ho già scritto un centinaio di pagine su quest’uomo che mi affascina. Vorrei farlo conoscere ai miei compatrioti e ci riuscirò! T.E.L mi interessa profondamente perché arriva a conclusioni simili alle mie con un temperamento e per percorsi opposti ai miei”.
Solo una donna con una grande sensibilità e un profondo intuito come Ocampo poteva riuscire a scrivere un saggio così bello e vero. Lei che non ebbe mai l’occasione di conoscere personalmente Lawrence d’Arabia, lo incontrò nei suoi libri, nella musica che ascoltava e soprattutto nella pianura nella quale l’ufficiale britannico si perdeva e si ritrovava. In perenne contrasto tra il suo status e il suo “odioso io” l’autore condottiero risulta più umano e il suo ritratto profondo e toccante.
“338181 T.E (Lawrence d’Arabia)” di Victoria Ocampo è un classico pubblicato in patria nel 1942, successivamente in Inghilterra e in Francia nel 1947. In Italia è giunto solo ora nonostante siano trascorsi molti anni dalla sua prima uscita, risulta ancora fresco, autentico, attuale e in grado di abbagliare.
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“Cronache dalla montagna: di lupi, foche e altre cose singolari” di Alexandre Vialatte edito da Prehistorica Edizioni è un testo ironico nel quale l’autore “parla in completa libertà di tutto ciò che desidera”. Le sue cronache stupiscono e sorprendono mettendo in risalto l’abilità di Vialatte sia come scrittore che come filosofo.
“Perché alla fine si deve scegliere, di comprendere o meravigliarsi. E il primo bisogno dell’uomo è di non comprendere. La Creazione è mozzafiato”.
“Notoriamente sconosciuto” ai suoi contemporanei, come diceva lui stesso, questo artista è stato il primo traduttore a far conoscere Kafka, Hoffmansthal, Nietzsche, Benn ai francesi e a lasciarci una testimonianza dei suoi tempi in svariati ambiti: politica, cinema, moda e costumi. Vialatte è un genio per profondità e umorismo. Si resta spiazzati e destabilizzati leggendo le sue pagine. La postfazione di Pierre Jourde risulta, a mio avviso, estremamente utile per capire meglio le parti meno chiare e più bizzarre.
Non è necessario comprendere, scrive Vialatte, ma lasciarsi stupire perché lo stupore è la virtù poetica e filosofica per eccellenza.
Prehistorica Editore sceglie di farci conoscere la creatività di questo scrittore e di dedicare un’intera collana alla raccolta delle sue cronache per ambizione e per il piacere di far scoprire al lettore italiano anche una Francia originale e non troppo nota, ma con delle grandi potenzialità.
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Infine, un libro breve, ma potente ed elegante è “Infanzia” di Tove Ditlevsen edito da Fazi. Nella sua prima traduzione italiana questo romanzo inaugura la trilogia di Copenaghen ed è un vero gioiello.

Si tratta del racconto autobiografico dell’autrice danese, la quale fin da bambina ha le idee chiare sul suo futuro. Tove si sente fuori posto, è ancora piccola, ma estranea all’infanzia che sta vivendo. Descrive quello che vede, ascolta e sente come se la protagonista non fosse lei regalandoci frasi e riflessioni delicate su un periodo dell’esistenza che rimpiangerà una volta divenuta adulta.
“Le femmine non possono fare le scrittrici”.
Tove è matura, brillante, malinconica e determinata e nel suo libro si mette a nudo mostrandoci che:
“Infanzia” è una madre severa e irascibile, un padre disoccupato e un fratello maggiore con il quale si litiga per poi fare la pace.
“Infanzia” è Copenaghen e i suoi quartieri operai.
“Infanzia” è l’amicizia con Ruth, selvaggia e ribelle, le scorribande per strada e le prime scoperte sul mondo.
“Infanzia” è una favola moderna, un testo da tenere sul comodino e da leggere lentamente per non perdere nessun passaggio, è un mix di dolcezza e disincanto, poesia e amarezza.
Non credo ci sia da aggiungere altro se non inchinarsi alla bravura di Tove Ditlevsen e al suo piccolo capolavoro.
