Con “Alla radice” di Miika Nousiainen tradotto da Marcello Ganassini ed edito da Iperborea, mi sono avvicinata alla letteratura finlandese, di cui, se devo essere sincera, non avevo mai letto nulla.
È un libro brillante, insolito, che attraverso il sarcasmo e una sottile ironia, affronta temi seri e scomodi: l’abbandono, il dolore e la diversità.
I protagonisti sono due fratelli profondamente differenti che scoprono il loro legame da adulti in un asettico studio dentistico di Helsinki, dove Pekka si reca per curare il suo insopportabile e cronico mal di denti ed Esko lavora come odontoiatra.
Nel romanzo c’è un continuo parallelismo tra i problemi dentali e quelli parentali: nel trattare le radici della bocca di Pekka, emergono problematiche e domande senza risposte e la continua necessità da parte di entrambi i protagonisti di capire le motivazioni che hanno portato il loro padre ad abbandonarli.
Per i due uomini inizia un fantastico viaggio on the road, dalla Finlandia fino all’Australia, che gli permette di conoscere lungo il percorso altri parenti, a confrontarsi con altre realtà e persone e a costruire un rapporto di intesa e sintonia. 

La radice dei denti diventa metafora e punto di partenza per ritrovare se stessi e le proprie origini.
Pekka ed Esko con la loro famiglia allargata e ritrovata scoprono l’importanza di ascoltare il cuore e che “in amore, come in odontoiatria, la pratica è tutto”.

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